Betulla

Betula spp.

Corteccia bianca, argentata, tronco snello; foglie decidue, ovato-triangolari, picciolate, di color verde chiaro.

Fiori maschili in amenti, penduli, e femminili in spighette erette.

È la betulla, in inglese birch, dall’anglosassone berc, beorc, che era anche il nome della runa usata per indicare la lettera b; dal proto-germanico *berkjon, fonte anche dell’antico sassone Birka, norreno börk, svedese e islandese björk (che è anche un nome di donna, nonché della famosa artista), olandese medio bere, olandese moderno berk, antico alto tedesco birinha, tedesco moderno Birke (e quindi che entra a far parte anche di una nota marca di scarpe…), dal protoindoeuropeo *bhergo, fonte anche della lingua dell’Ossetia barz; antico slavo ecclesiastico breza, russo bereza, lituano beržas, sanscrito bhurjah, tutti nomi per alberi simili alla betulla, come il latino fraxinus, dalla radice *bhereg- “scintillare; luminoso, bianco”, con riferimento alla corteccia.

Originaria dei territori settentrionali, in Italia la si trova sulle Alpi, dove si possono anche trovare dei boschi puri.

Betula pendula (o Betula alba var. verrucosa) è diffusa dai Balcani all’arco alpino e in tutta l’Europa atlantica e l’Asia.

In Italia è particolarmente presente in Piemonte (ove oggi si stimano oltre 20000 ettari di questa specie) e in Lombardia; si ritrova nell’Appennino settentrionale in alcune stazioni isolate in Abruzzo, nell’Appennino campano e sull’Etna.

Per l’uomo è sempre stata un simbolo tutelare, ad esempio per gli Slavi l’albero era associato alle Rusolski, delle ninfe bellissime dei corsi d’acqua, che in primavera dopo il disgelo uscivano dall’acqua e insidiavano i viandanti nei boschi di betulle. Ma è fondamentale soprattutto per lo sciamanesimo delle popolazioni siberiane, per cui è l’Axis Mundi, il pilastro cosmico.

Plinio, nella sua Naturalis Historia, ci fa notare che di betulla erano le torce nuziali, per portare felicità il giorno delle nozze.

Usata da sempre in fitoterapia (la sua “acqua” era nota per distruggere i calcoli renali), era soprannominata già in epoca medioevale la “pianta renale d’Europa”.

In cucina è speciale: se ne usano cambio e alburno, opportunamente raccolti da alberi caduti per non uccidere altre piante, rispettivamente terza e quarta parte dopo corteccia e libro, del tronco. Essiccati e polverizzati sono usati al pari della farina per panificazione; in strisce come tagliatelle al posto della pasta o per altre preparazioni come chip alternative. Nella Kamchatka è tagliata a dadini e mangiata insieme a uova di pesce.

Se ne estrae la linfa, al disgelo, opportunamente con appositi strumenti, che può essere utilizzata come bevanda rinfrescante, fermentata per farne un vino, come base per brodi, creme, in sciroppo.

Le foglie sono ottime in insalata; essiccate e polverizzate come aromatizzanti; in infuso come base per dolci e con potere depurativo.

I suoi amenti possono essere utilizzati polverizzati nei dolci, nelle creme, per farne una soda o una birra davvero speciale.

La betulla è famosa anche per i funghi che crescono sui suoi tronchi e rami in stato di decadenza: si tratta dell’Inonotus obliquus, detto chaga, il cui sapore è a metà strada tra caffè e tè ma, non avendo teina e caffeina, non è eccitante, e inoltre è considerato un vero portento dalla farmacopea.

Inoltre la betulla consolida il terreno e quindi riduce il rischio di frane.

Come non amarla, con il dolce suono delle sue foglie quando soffia il vento, e per donarci lo xilitolo, dolcificante che può essere usato dai diabetici e può avere un effetto di prevenzione dell’osteoporosi?

Oltre a consigliarvi di preparare delle chip dolci con le sue foglie, e di assaggiare il pane fatto con la sua polvere (che trovate, a volte, anche da Pikniq), oggi voglio parlarvi di una raccolta da effettuare proprio in questi giorni, e per poco tempo: le sue gemme.

Abbiamo detto che è considerata pianta utile per i reni e la depurazione, ma la betulla è anche importante per stimolare il metabolismo, il rinnovamento cellulare e la disintossicazione del corpo, stimolato nelle sue funzioni proprio dalle parti di questa specie.

La farina di betulla, sia dell’alburno e del cambio, ma soprattutto dei suoi germogli, può essere utilizzata come cura di inizio primavera: questa polvere, infatti, rivitalizza, è remineralizzante, fa aumentare l’energia e rinforza il sistema immunitario.

Come dice un proverbio germanico, però, bisogna assolutamente prestare attenzione alla raccolta: “le mele si possono raccogliere nei secchi, le erbe spontanee nei cesti, ma i germogli solo tra le dita”, indicando che non bisogna saccheggiare la pianta.

Così, raccogliamo poche gemme, lasciamole per poche ore a “essiccare”, e passiamole in un macinino, anche uno elettrico da caffè, facendo attenzione a non far surriscaldare le lame. Volendo ottenere una polvere ancora più fine possiamo passarla ulteriormente con un setaccio, fino a due volte. La si conserva in un vaso di vetro a chiusura ermetica, anche se l’ideale sarebbe conservarla in un contenitore di legno di betulla chiuso, così da preservare tutto l’aroma. Si fa “invecchiare” per qualche mese, e poi è pronta: si può aggiungere al muesli, alle insalate e misticanze, incorporare negli impasti, nelle zuppe, nei ghiaccioli e nelle creme.

Volendo, prima di polverizzare le gemme, possiamo passarle velocemente in una padella antiaderente per farle “tostare”, il che donerà alla polvere un piacevolissimo sentore affumicato molto lieve che tornerà utile in tantissime ricette.

Non è meraviglioso racchiudere la linfa vitale dell’albero cosmico e farla diventare nostra amica di tutti i giorni, con magia?

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