Ecco la gramigna, come diceva Gargamella "la strega maligna"... perché detestata da tutti.
Vengono chiamate comunemente con questo nome due specie, Cynodon dactylon e Agropyron repens.
La prima è conosciuta anche con il nome di erba canina, ha foglie corte con margini ruvidi, fusti eretti fino a 30 cm in altezza, spesso con sfumature violacee.
I semi sono in spighe, poiché è una Graminacea, e ha un fortissimo apparato radicale, molto profondo: è odiata proprio perché si sviluppa strisciando lungo il suolo e sviluppa radici ovunque uno dei nodi tocchi il suolo, formando un denso groviglio.
La seconda è conosciuta anche come dente canino ed è chiamata anche Elymus, dal greco per indicare un cereale non ben identificato. Repens, naturalmente, suggerisce il trattamento strisciante. Per un certo periodo la prima parte del suo binomiale è stata Triticum, come il grano. È conosciuta anche come gramigna dei medici, perché in Grecia utilizzata da sempre in fitoterapia popolare.
I cani malati ne disotterravano i rizomi e gli erboristi, in epoca medioevale, utilizzavano i suoi rizomi per curare infiammazioni alla vescica e la ritenzione idrica. Ancor oggi si usa come diuretico, e cura la cistite.
Un'erba così bistrattata, eppure i rizomi essiccati venivano persino utilizzati, nei paesi scandinavi, durante il Medioevo, spezzati e accesi come incenso, poiché non erano disponibili altri tipi di resine.
Sono entrambe tremende poiché la dispersione dei semi è prima anemocora (grazie al vento), poi mirmecocora (grazie alle formiche), una volta che i semi sono per terra. E, sopravvivendo al passaggio nelle budella dei mammiferi, germogliano poi nel loro sterco.
Hanno un'elevata resistenza al calpestamento, e sono pressoché ubiquitarie, pur essendo originarie dell'India.
Ma lo sapevi che i loro germogli sono teneri e si possono mangiare sia crudi come quelli di soia che sbianchiti e conditi, e sono molto nutrienti?
Le prime foglioline tenere erano raccolte e mangiate in insalata o misticanza insieme ad altre erbe.
I germogli teneri, di color bianco lattiginoso, venivano lessati e mangiati come gli spinaci.
In questo periodo si possono ancora raccogliere i rizomi, ricchissimi di amido e di molti principi nutritivi, che venivano ben puliti per eliminare tracce di terra e essiccati e polverizzati: si otteneva così una vera e propria farina usata per panificare.
Si raccoglievano, sempre in questo periodo, i rizomi che venivano posti in un catino sistemato vicino una fonte di luce, ma all’interno e al coperto: in questo modo germogliavano, versandovi sopra acqua tiepida più volte al giorno, per far sì che fossero sempre umidi. Quando erano verdi e lunghi già qualche centimetro, si scolavano e si sistemavano in una botte, e si aggiungevano zucchero o miele, coccole di ginepro schiacciate, lievito di birra, acqua bollente. Si lasciava riposare il tutto per una settimana, rabboccando se necessario l’acqua. Si filtrava poi il tutto e la bevanda veniva conservata per l’estate, ed era considerata una birra rinfrescante.
Fino ai primi del 1900 addirittura esisteva a Roma una figura professionale che si dedicava alla raccolta di questa pianta, il gramicciaro. La gramigna era poi lavata nelle fontane e in particolare la fontana vicino S. Maria Maggiore.
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