Topinambur

Helianthus tuberosus

Helianthus tuberosus: dal greco helios "sole" e anthos "fiore", quindi "fiore del sole" perché i suoi fiori assomigliano a quelli del girasole, che è sempre un Helianthus ma si chiama Helianthus annuus indicando che è una pianta annuale, e entrambi ricordano il sole - e i loro fiori “seguono il movimento del sole nel cielo” (in realtà il fenomeno dell’eliotropismo è un po’ più complesso: il disco marrone di quello che noi chiamiamo fiore sono in realtà tanti fiori minuscoli che hanno bisogno della massima quantità di luce solare per far sì che l’intera pianta possa svilupparsi correttamente, grazie all’ormone della crescita; quindi quando sono piccoli tendono verso est per poi non girarsi più verso ovest a crescita avvenuta) -.

È una pianta perenne con fusti mediamente alti (arriva fino a due metri!), ramosi; ha un rizoma strisciante ingrossato in tuberi terminali, nodoso-irregolari, che ricordano piccole pere allungate. Possono essere esternamente biancastri nella varietà albus e colorati di rosso o anche di viola nella varietà purpurascens. Ha foglie opposte, verticillate a tre o sparse; le inferiori sono ovato-cordate e le altre ovate o lanceolate attenuate alla base. Tutte hanno piccioli cigliati in basso.

I fiori sono gialli, dorati, compaiono da agosto a ottobre e sono riuniti in capolini disposti quasi in corimbi su lunghi peduncoli gracili. Quelli esterni sono forniti in media di 15-16 ligule (petali) che possono essere lunghi fino a 5 cm.

In cucina si usano essiccati come decorazione, per colorare impasti e salse, polverizzati al pari dello zafferano.

I semi sono lunghi 5 mm e in Italia giungono a maturazione di rado, per cui questa specie si diffonde per via vegetativa grazie ai suoi tuberi.

Le foglie e i fiori sono tintori, in particolare per lana e seta.

Si trova lungo gli argini dei fiumi e gli incolti.Viene coltivato, soprattutto nella pianura padana, e lo si trova fino a 800 m s.l.m..

Originario delle praterie nord-orientali degli Stati Uniti, fu portato in Europa dall'esploratore S. de Champlain e coltivato in Italia già nel 1606 in un orto a Roma.

Solitamente in cucina si usano i tuberi, ricchi di inulina, un polisaccaride, che li rende adatti all'alimentazione dei diabetici.

Hanno azione lassativa e stimolano la produzione di latte.

Ultime ricerche hanno evidenziato come possano essere fonte di etanolo.I tuberi si raccolgono da ottobre a dicembre, sono chiamati topinambur, tartufi di canna, tartufi del Canada, carciofi di Gerusalemme (come in inglese, Jerusalem artichoke), patata del Canada e non vanno confusi con la Ipomoea batata ovvero la batata o patata dolce, che appartiene alla famiglia delle Convolvulaceae.

Vanno raccolti quando la pianta si è seccata.

Si spazzolano e lavano e sono pronti da preparare: crudi in carpaccio tagliati sottili con la mandolina; come "spaghetti" vegetali con lo spiralizer; in teglia "al funghetto" come le melanzane; gratinati al forno; fritti; intinti nella bagna cauda piemontese; in vellutata e crema; arricchiscono la besciamella; sono ottimi come base del brodo; il mio consiglio è di provare a farne chips o patatine fritte in stick. Saranno piacevolissime con il loro sapore di carciofo.

Una ricetta velocissima: pelate i tuberi e tagliateli a tocchetti, cuoceteli in un litro di latte di mandorla. Portate a ebollizione, salate q.b., unite 20 grammi di burro di mandorle e lasciate bollire fino a cottura completata. Se necessario frullate poco con un minipimer. Questa crema è ottima anche per condire la pasta o da usare al posto della besciamella nelle lasagne. Buon appetito!

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